Tuttavia, in un Paese fortemente segnato dall'invecchiamento del patrimonio abitativo, che soffre di gravi carenze nell'offerta e sta attraversando una crisi abitativa che non è stata ancora affrontata - nonostante i numerosi tentativi, in particolare il pacchetto "Mais Habitação" approvato dal precedente governo -, è essenziale chiedersi quali meccanismi potrebbero essere in grado di adottare misure concrete, efficaci e agili - nei tempi e nelle procedure - per invertire la tendenza attuale.
A questo proposito, è comune registrare l'indignazione nei media e nelle reti sociali, chiedendo una soluzione alle migliaia di immobili sfitti, abbandonati, sottoutilizzati o gravemente degradati, spesso in zone centrali o strategiche delle città, in combinazione con i ben noti fenomeni di desertificazione dei centri storici, di esclusione della popolazione dalle città e di gentrificazione, che colpiscono sempre più i centri urbani. Le misure intermedie - come, ad esempio, l'aumento dell'imposta comunale sugli immobili sfitti nelle aree di pressione urbana (D.L. n. 67/2019, del 21 maggio) - sembrano non raggiungere l'effetto deterrente desiderato. In questo senso, è necessario interrogarsi su quali strumenti a disposizione degli enti competenti debbano essere privilegiati nelle politiche pubbliche a questo scopo, come elementi chiave nella lotta contro la tendenza esistente.
Questo era il motto del pacchetto "Mais Habitação" quando ha approvato un regime che prevedeva l'affitto coercitivo di immobili in queste condizioni. Tuttavia, come è noto, le polemiche con cui è stata accolta l'approvazione e l'entrata in vigore di questo regime ne hanno immediatamente preannunciato l'esito: la sua inevitabile abrogazione da parte del governo di Luís Montenegro, attraverso il Decreto Legge n. 43/2024, del 2 luglio.
Pertanto, oltre a una miriade di altre misure che potrebbero essere elencate come adatte a svolgere questa missione critica (si veda il regime di vendita forzata degli immobili stabilito nella stessa RJRU, che era innovativo quando è stato introdotto), in questo contesto sarà sempre inevitabile guardare all'espropriazione degli immobili da parte dell'amministrazione pubblica nel contesto specifico della riabilitazione urbana come uno degli strumenti più efficaci in questa missione critica di riabilitazione del nostro patrimonio abitativo (e non solo).
Tuttavia, si pone il problema di come bilanciare gli interessi contrastanti tra le ovvie e urgenti necessità che la Pubblica Amministrazione intende affrontare, con la naturale tutela costituzionale dei diritti di proprietà dei cittadini.
Questo tema, sempre complesso, è più ampio e molto precedente rispetto al contesto della riabilitazione urbana, con il Codice degli Espropri (Legge n. 168/99, del 18 settembre) applicabile come asse strutturante di questo istituto.
È quindi necessario chiedersi quali opportunità, da un lato, e quali limiti, dall'altro, possa assumere l'esproprio e quale peso possa avere nella definizione delle politiche pubbliche di riabilitazione urbana e nella definizione delle operazioni in ogni area di riabilitazione urbana.
L'esproprio è sempre un atto necessariamente grave, dirompente e drastico - per imperativo costituzionale, solo per motivi di pubblica utilità e dietro pagamento di un giusto indennizzo l'amministrazione pubblica può imporre questa limitazione ai diritti di proprietà, con la procedura stabilita che è pesantemente regolata dalla legge e con requisiti di legalità soggetti a un controllo meticoloso. Le specificità della RJRU nel far leva su questo strumento non sono facilitanti, in quanto il fine pubblico perseguito non può essere meramente strumentale o apparente, con l'obbligo effettivo di garantire che l'utilità pubblica perseguita con l'atto espropriativo sia effettiva e si concretizzi in futuro, pena l'illegalità del processo.
La procedura, in questo specifico contesto, è quella già nota che caratterizza ogni attività espropriativa da parte di soggetti pubblici - semplice in teoria ma lunga e mai esente da contenziosi nella sua applicazione. Si pensi alla questione dell'equo indennizzo: quali sono i criteri che devono presiedere alla determinazione dell'importo dell'indennizzo da corrispondere al singolo in un'espropriazione effettuata nell'ambito di un'operazione di riqualificazione urbana, soprattutto quando l'obiettivo è quello di collocare gli immobili sul mercato? Inoltre, qual è il peso della funzione risarcitoria in un mercato immobiliare inflazionato, e dov'è il confine tra il valore equo dell'immobile e il valore a cui sarà commercializzato dopo l'esproprio? I critici di questa politica affermeranno sempre che non solo ci sarà una disparità impossibile da colmare tra i due, ma anche che l'onere finanziario per l'amministrazione pubblica di attuare gli espropri nel contesto dell'ARU, date le attuali condizioni di mercato, sarà insostenibile dal punto di vista del bilancio. Se l'obiettivo è quello di espropriare un immobile per ristrutturarlo e ottenere una rendita, intervenendo necessariamente nell'ecosistema economico immobiliare, potremmo trovarci di fronte a una perversione del principio dell'equo indennizzo, che gli enti esproprianti sono tenuti a rispettare.
Il sistema legislativo vigente in materia di espropri ci offre un quadro normativo complesso e articolato, ma perché ci sia una vera utilità è indispensabile che la normativa sia efficace e preveda processi rapidi, unita all'inevitabile volontà politica di rischiare soluzioni innovative che possano integrarla efficacemente, rafforzando l'articolazione con gli strumenti di gestione del territorio, facendo in modo che la riqualificazione urbana non sia fatta "a pezzi", ma integrata nella strategia di fondo per l'ARU.
Una soluzione equilibrata comporterà sempre il ricorso all'esproprio come parte di un insieme di strumenti disponibili nell'attuazione delle operazioni di riqualificazione urbana - in modo che non siano, in ultima analisi, giustificazioni per la "pulizia urbana" a spese degli interessi privati e delle finanze pubbliche, ma possano essere risorse efficaci e realmente differenzianti. Inoltre, è inevitabile che la determinazione di un giusto compenso si articoli con le sfide del mercato immobiliare, garantendo soluzioni equilibrate.
In definitiva, anche se ci addolora vedere i centri urbani pieni di proprietà degradate e non occupate, e sembra che la soluzione più ovvia sia l'esproprio di queste proprietà, il successo della riabilitazione urbana dipenderà dalla capacità del legislatore e dell'amministrazione di combinare equità, efficienza e visione strategica, assicurando che strumenti eccezionali come questo servano effettivamente il bene comune.
di Raquel Sirvoicar Rodrigues - Senior Associate di Real Estate presso lo Studio Legale CCA